venerdì 30 aprile 2010

Monovano accessoriato in pieno centro


Sono Giampippo e scrivo dalla mia stanzetta umida e buia sita al centro della mia città: un matarazzo fituso, un cesso aruggiato e tanti pidocchi ammaestrati.
Ormai sono diciotto anni che traso e nescio da questa stanza senza mai capire perchè nessuno mi chiede di pagare l'affitto.
La mia era una famiglia povera, mio padre lavorava al porto come mazzera per le barche e un giorno che aveva mangiato, l'unico giorno, morì di congestione.
Mia madre faceva la custurera per un signore più povero di noi che non la pagava mai. Non so perchè, ma mia madre tornava a casa sempre stanca ma senza soldi e morì per un ago che si era azziccato nel pollice e gli aveva procurato un'infezione. Era così povera che non si poteva comprare una pinzetta per togliere l'ago.
Io sono nato già povero e appena sono uscito dalla pancia, ho apparato la mano alla levatrice.
Avevo le scarpe sempre scalcagnate e un giubbotto arripizzato. Ero talmente povero che invece di usare le scarpe mi sono fatto crescere i calli sotto il piede per avere le solette.
Anche quando cominciai a fare commercio di autoradio usate ero povero, talmente povero che dentro le macchine, a volte, trovavo un pezzo di mille lire con un biglietto scritto "Per Giampippo".
Ma mi arrestavano sempre perchè credevano che mi ero fregato le mille lire e che la cassetta falsa dentro l'autoradio era mia: falsificazione e furto!
Oggi che sono qui mi mancano le serate che gli scroccavo la pizza agli amici o che mi fumavo i culazzi raccolti per strada.
Mi manca soprattutto la bioscia che nel mio quartiere era gratis.
Qui nella palazzina hanno portato uno alto 2 metri, senza esagerazione, che mi vuole camminare sempre dietro quando usciamo nel cortile e che fa sempre cadere la saponetta quando siamo sotto la doccia.
Mi sono dovuto mettere un Tampax di dietro allora mi prende il cularino.
Nonostante questa mia posizione io sono qui e potete scrivermi se volete un consiglio o se volete mandarmi un pacchetto di sigarette o qualche vastedda cunzata.
Io aspetto, non ho fretta.

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